Correva l’anno 1953, esattamente il giorno 25 luglio, quando vide la luce “La Gazzetta Ciociara”, periodico quindicinale indipendente fondato e diretto da Giulio Celletti.
Nato a Frosinone nel 1904, trascorse qui la sua infanzia e, dopo aver frequentato a Veroli l’Istituto tecnico di Ragioneria, fu assunto all’Amministrazione Provinciale nel 1926, anno in cui Frosinone divenne provincia. Poeta, scrittore, appassionato di giornalismo (corrispondente de “Il Momento sera” e già collaboratore de “Il Tempo”, iscritto all’ordine dei giornalisti), questi da sempre aveva custodito un desiderio nel cassetto: quello di creare un giornale che servisse a diffondere notizie, tradizioni e cultura della terra ciociara e nel contempo potesse fungere da trampolino di lancio per tutti quei giovani dell’entroterra frusinate interessati al mondo della carta stampata.
Il pensionamento, avvenuto quando era ancora in pieno vigore fisico, gli diede modo di realizzare il sogno.Così la sua casa, dove il giornale veniva accuratamente preparato grazie alla collaborazione di tutta la famiglia ed in particolare della figlia Teresa, divenne centro di una fervente e laboriosa attività.
Essa si trasformò in un una fucina di cervelli, un luogo di raccolta di giovani aspiranti giornalisti che accettarono volentieri di prestare la voce ad un periodico che, all’epoca, unico nel suo genere, era destinato ad assumere una notevole importanza su tutto il territorio della provincia.
La Gazzetta Ciociara - Anno I - n. 1 - 25 luglio 1953
Basta fare pochi nomi: Edmondo Carretta, Mario Grieco, Luciano Renna, Gianluca De Luca, Alfonso Cardamone, Gian Carlo Riccardi. Tutti usciti dagli insegnamenti di quella che si rivelò una vera e propria “schola magistra vitae”, hanno fatto molta strada da allora divenendo oggi personaggi affermati nel campo della cultura e, anche quelli che non ci sono più, hanno lasciato un’impronta tangibile nel panorama culturale della nostra terra. Giulio Celletti fu il fondatore e direttore, coadiuvato dall’amico fraterno Comm.
Ernesto Cardamone in qualità di segretario. La prima pagina si avvalse dell’abilità di penne illustri quali il Preside Antonio Jadanza, Luca Sergio e Marcello Pennacchia, mentre sulla terza pagina scrissero articoli di carattere artistico-letterario Anton Giulio Bragaglia, Giulio Andreotti, Libero de Libero, Adolfo Loreti, Nino Cellupica e molti altri. Il giornale fu registrato presso la cancelleria del Tribunale di Frosinone in data 21 aprile 1953 e ben presto potè annoverare una grande schiera di abbonati non solo nel frusinate, ma anche a Roma ed in molte altre grandi città italiane.
Man mano che accresceva di notorietà, la “Gazzetta Ciociara” cominciò ad usufruire delle sovvenzioni di molti enti locali e governativi e fu conosciuta anche all’estero, in Francia, Inghilterra, America, soprattutto a Detroit e in Canada, dove risiedevano e tuttora risiedono i tanti ciociari emigrati.
Temperamento fiero, irruente, battagliero, a volte sopra le righe, ma sempre e comunque animato da sincero entusiasmo ed intensa passione, Celletti pubblicò riviste, numeri unici, poesie dialettali.
A lui va il merito di aver fondato il primo giornale satirico del Carnevale ciociaro “La Radeca”, che vide la pubblicazione nell’anno 1929, fu interrotto nel periodo della guerra e ricomparse nel 1948 con la sua ironia bonaria, le vignette umoristiche, le pungenti stoccate, anzi…radecate, che miravano a mettere in burletta i personaggi del tempo ingigantendone i difetti e si proponevano di “castigare ridendo mores” senza alcuna malizia né alcun intento di critica malevola, ma solo con lo scopo di scherzare in modo amichevole e spensierato.
La Radeca Anno XXXI - n. 6 - IIa Ediz. - Carnevale 1959
Così, seguendo lo spirito carnevalesco del motto “semel in anno licet insanire”, le poesie di Paolino Colapietro, Alessio Di Sora, Ercolemarino Martire, Alessandro Fortuna, cercavano di suscitare nella gente quel riso di cui almeno una volta l’anno c’era bisogno.
E che dire, poi, della rituale e sarcastica “Lettra aglie sindache de Frusenone” a firma di Carnuale, dei graffianti “Detti e proverbi”, della simpatica rubrica “Baraccone dei fenomeni viventi” curata da un misterioso Edcar (la sigla di Edmondo Carretta) che si divertivano a beffeggiare i cittadini più conosciuti di quel periodo?…Cose che evocano alla memoria i sapori di un tempo perduto, che riecheggiano il fascino di un’epoca lontana nella quale le condizioni di vita erano più modeste di quelle attuali, ma i rapporti tra le persone erano sicuramente più semplici e genuini.
Incaricato dall’Accademia giornalistica tiberina di tradurre in dialetto ciociaro “Il primo canto dell’Inferno” di Dante ed alcune poesie (tra cui “Rio bo” di A. Palazzeschi), Celletti riunì il tutto in un volumetto del 1960 con la prefazione di Giovanni Gigliozzi che definisce i suoi versi “di una sincerità disarmante, un inguaribile romanticismo”, ma nel contempo vede in lui “un combattente per la propria terra in un’epoca di conformismo e di mediocrità”.
E ancora Gigliozzi: “la tua poesia ha il sapore delle cose buone, delle nostre belle serate rievocanti le tradizioni di una Ciociaria che il tempo, il progresso, la radio, la televisione, la politica e il cinematografo stanno lentamente cancellando dalla carta del Lazio”.
Celletti ricevette numerosi riconoscimenti per la sua attività letteraria, ma il motivo principale per cui viene ricordato è il giornale “La Gazzetta Ciociara”, che ebbe il merito di forgiare, plasmare, modellare con le mani di un artista consumato, quasi un novello Geppetto alle prese con un pezzo di legno, conferendogli una sorta di umanità e rendendolo, nonostante le sue chiare idee politiche, un periodico indipendente, apartitico ed aperto al contributo delle personalità più eterogenee.
Dopo oltre un ventennio, il 5 novembre del 1976, con profondo dispiacere e a causa di motivi di salute, Giulio Celletti fu costretto a cedere quella che considerava la sua “creatura”, la Gazzetta Ciociara, salutando i collaboratori, i sostenitori e gli abbonati con l’ultimo articolo apparso nel numero del 22 dicembre 1976.
Probabilmente questo grande dolore accelerò la sua fine : infatti si spense pochi mesi dopo, il 14 maggio 1977. La “creatura”, che con il suo maestro aveva vissuto per quasi cinque lustri, iniziò – ironia del destino - un declino lento e inesorabile fino alla cessazione definitiva nel 1980.
di Anna Maria Aversano