1°- L’ANTEFATTO
Sono ricordi di scuola e non solo, mentre implicano anche altre componenti e causali, perciò si parte prima da discorsi antecedenti che servono a ben definire e far capire quanto avvenuto allora nella nostra Città. Oggi l’avremmo definito “ fatto di cronaca “ o pezzo di colore, in senso prettamente giornalistico, mentre per il passato è stato etichettato come fatto politico, sociale e di costume. Ho tardato a parlarvene, e di molto ( alcuni mesi ), non perché volessi rimuoverlo e lasciarlo nel dimenticatoio, ma solamente per ben digerirlo, anche nella memoria, per descrivervene gli umori, gli accenti, le passioni che tale vicenda suscitarono anche in persone equilibrate e ben lontane dall’agone dialettico. Ora, a quarantacinque anni di distanza, tutto appare come ovattato e quasi sbiadito, come un avvenimento mai verificatosi in questa città. Sembra quasi assurdo che in un capoluogo di provincia, sonnacchioso come il nostro, sia avvenuto qualcosa che ci ha tenuti sulla corda e sulla bocca di tutti non solo in Italia ma anche all’estero, prima del famoso scandalo del più rinomato liceo classico milanese, il Parini, nel 1966 successivo, per una inchiesta pubblicata sul giornaletto scolastico La Zanzara concernente un’indagine sull’educazione sessuale, sui rapporti prematrimoniali, sulla pillola, sull’amore in generale. Infatti, a quel tempo si cadeva subito nell’occhio del ciclone/giustizia, sotto la mannaia dei magistrati: si aprì perciò un procedimento contro i tre pericolosi soggetti che turbavano la pubblica moralità ( tre studenti, fra di essi una ragazza). Il giudice, mandandoli a chiamare dispose per tutti un provvedimento che al giorno d’oggi giudicheremmo quasi folle: l’ispezione corporale con visita medico/psichiatrica. La ragazza rifiutò, ma i due ragazzi vennero spogliati, si voleva accertare se avessero malattie veneree!! Ma alla fine il buonsenso prevalse, nel prosieguo del processo il giudice fece assolvere i tre imputati e l’inchiesta della Zanzara non costituì reato!!!
2°- L’ITALIA DEI MIRACOLI
L’Italia nel 1961 è un paese in pieno miracolo economico. Cambia la società ed il boom dà la stura alla sua rivoluzione/evoluzione proprio dalle pareti domestiche. I frigoriferi che tre anni prima erano mezzo milione, ora sono raddoppiati; le lavatrici addirittura sono passate da diecimila a più di duecentomila. E’ impensabile fare il conto dei frullatori, dei transistor e di altri marchingegni che gli italiani potevano ammirare solamente nei film d’oltreoceano. C’è come una gara a chi spende di più, anche per cose inutili. Ma c’è di più: i protesti cambiari passano da 8 milioni e mezzo nel ’55 a più di 12 milioni. In fin dei conti è lo scotto che si paga al progresso! L’Italia, da paese sottosviluppato e povero si trasforma in paese industrializzato e caratterizzato da un alto livello di benessere. E’ tutta questa evoluzione così rapida e sorprendente a meravigliare il mondo intero. Sono trascorsi soltanto 15 anni e da nazione distrutta e sconfitta, siamo diventati una delle prime dieci potenze industriali. Anche Giorgio Amendola, storico capo del partito comunista, riconoscerà che l’Italia “ non è mai stata così bene “. Anche se un’ indagine sociologica, a posteriori, dimostrerà che quel boom è fiorito in larga misura sui bassi salari e l’evasione fiscale, sulle trasmigrazioni di massa dal sud al nord con la nascita di forme di razzismo prima misconosciute agli italiani, sulla debolezza del sindacalismo, sul coinvolgimento nel potere di forze minoritarie e disponibili a “ passare “ qualsiasi provvedimento di regime in cambio di sostanziosi finanziamenti. Però nel 1961 la realtà è che il lavoro si trova e ven’è tanto da permettere di sceglierlo e di cambiarlo, che la disoccupazione è scomparsa, che la lira è la più solida moneta dell’occidente e per questo vince l’Oscar della stabilità, che i prodotti italiani sono dovunque famosi per stile, originalità ed eleganza. C’è perfino un boom culturale ed intellettuale, dal momento che questi sono gli anni di registi attivi ed importanti come Fellini, De Sica, Visconti, Rossellini, Germi; di scrittori come Pasolini, Gadda, Fenoglio; di architetti come Nervi; di poeti come Ungaretti, Montale e Quasimodo; di tecnici come Enzo Ferrari e di attori come la Magnani… Manca ancora la spinta dirompente dell’inquietudine giovanile e della presa di coscienza operaia, quali si mostreranno dal 1968 in avanti; ma si capisce che la classe politica non può più governare solo manovrando il tasto della conservazione e del mantenimento indefinito dello status quo. Proprio la necessità di ricercare altre soluzioni per consolidare ed accrescere la condizione odierna spinge la classe politica ( l’ establishement ) a cercare il nuovo: sia pure da un lato con l’improvvisazione e la casualità che caratterizzano la sua scarsa qualità, e dall’altro con mille cautele che rendono immediatamente superati e burocratici anche i programmi più improntati al buon senso. …Scoppia la febbre del twist, il nuovo ballo contorsionistico importato dagli States, che imperversa nei dancing e nelle balere d’Italia. Chubby Checker canta ed urla The twist again. Vi si lanciano tutti, anche i bambini, a cui pare piaccia assai la complicata ginnastica che esso impone a suon di musica. La radio e la tv riempiono la testa della gente dei ritmi e delle immagini tersicoree, è una specie di ebbrezza collettiva e un po’ fatua ( per non dire idiota) che si scatena dovunque e che diventa presto una moda obbligata: come in passato il gioco dello yo-yo, poi l’hula hoop, tra qualche anno lo skateboard o il freesbee. Forse aiuta a non pensare!!! Ma un episodio che ci tocca da vicino si verifica di sabato, l’ 11 novembre 1961 nel Congo Belga all’aeroporto di Kindu: 13 aviatori italiani (tra cui Armando Fabi, un ciociaro di Giuliano di Roma ) in forza alle Nazioni Unite vengono sequestrati, perché scambiati per mercenari e trucidati da un gruppo di soldati ammutinati e fedeli a Patrick Lumumba.
3°- CI SI METTE ANCHE LA “ DANTE “…
Tutto il preambolo di cui sopra è necessario per ben comprendere l’aria che tirava in quegli anni in Italia. Ora ci tocca entrare più in particolare nello specifico, parlare dell’atmosfera socio/politica che arieggiava nel capoluogo ciociaro ed anche in provincia. La Democrazia Cristiana era il partito di maggioranza ( molta maggioranza tanto che la provincia di Frosinone veniva definita “ bianca “ ) mentre il P.C.I. veniva in seconda battuta, anch’ esso molto nutrito ed agguerrito. Quindi in questo si rispecchiava in pieno la situazione nazionale. I giornali reazionari, nelle sedi provinciali ( ed allora ve ne erano parecchi) mettevano in discussione la liceità di comportamento da parte della locale associazione “ Dante Alighieri “, il cui presidente, prof. Antonio Iadanza, aveva osato invitare il discusso regista e poeta friulano Pier Paolo Pasolini a presenziare un pubblico dibattito sul tema: “ Caratteri ed orientamenti del romanzo nella letteratura contemporanea “. Apriti cielo!… L’articolista de Il Tempo del 20.12.1961 stigmatizzava il tutto con parole emblematiche : “…(esso) è servito soltanto a gettare un’ombra di perplessità sui fini e sugli intendimenti, che tutti conoscevano sin qui come squisitamente culturali, su una benemerita associazione che mai sino ad oggi aveva offerto nella nostra città motivi di critiche o di riprovazione. Questa volta però (…), la “ Dante “ ha esagerato e molto probabilmente pagherà a caro prezzo una iniziativa destinata a suscitare una sequela di accese polemiche e uno strascico di commenti per lo più sfavorevoli. “. D’altra parte s’era mossa anche la scuola a questo proposito: il preside del liceo N.Turriziani con un’apposita lettera/circolare aveva esortato gli studenti ad intervenire in massa, compatti, mentre trapelavano notizie di elementi che si sarebbero preparati a disturbare il dibattito pur di impedire al cantore delle borgate romane di prendere la parola quella sera nel salone d’onore dell’Amministrazione provinciale. Mentre il direttore della Gazzetta Ciociara, comm. Giulio Celletti, si esprimeva in questi termini sul suo quindicinale: “ Penso che i motivi che hanno indotto il presidente della “ Dante “, ad invitare Pasolini siano dettati da scopo unicamente culturale; è chiaro, però, che non bisognava, come ben si doveva, dimenticare il fattore morale, sovrattutto in questo periodo in cui l’ombra di un processo pende sul capo dello scrittore “. L’attesa per un simile avvenimento non andò comunque delusa. La sala era gremita, ma per fortuna la gazzarra venne a mancare e le accalorate parole del P.P.P. nazionale subito vennero stemperate nel dibattito dall’intervento di un sacerdote, che pacatamente riuscì a sminuire un ambiente eccessivamente innervosito da una incessante fila di domande e risposte che nulla avevano a che fare col tema predisposto alla vigilia. Si è parlato di un po’ di tutto, ma l’argomento preponderante non è stato il romanzo, bensì il desiderio dei più che hanno palesato di conoscere ogni retroscena ed ogni recondita ragione che hanno indotto lo scrittore a descrivere ambienti e personaggi eccessivamente aderenti ad una realtà che forse poteva apparire tale nell’immediato dopoguerra, ma che oggi sembra ormai essersi perduta – in uno col neorealismo….
4°- FROSINONE NELLA BUFERA
- Personaggi ed interpreti -
Ora è tempo di dedicarci alla descrizione, al racconto della vicenda, della storia che appassionò ed interessò un po’ tutti quanti, in campo locale, nazionale ma anche all’estero. Diciamo che ne parlarono tutti i giornali, evidenziando il pro ed il contro, dal punto di vista politico/sociale/didattico. Correva l’anno scolastico 1961 / 1962 e al Liceo-ginnasio Norberto Turriziani del capoluogo, nell’atrio d’ingresso, sulla destra troneggiava la statua marmorea in cui lo scultore Cesare Bazzani aveva colto il supremo atto d’eroismo del giovane Norberto contro gli austriaci. Le solite scritte che alunni maleducati avevano vergato in vari colori deturpavano l’austero monumento, ma per fortuna il preside Agostino Masaracchia, ordinario di greco e latino, aveva ordinato di ripulirlo in modo degno. Così il nuovo anno scolastico ha inizio nel migliore dei modi. Io per la prima volta varco il portone dell’istituto ed inizio a frequentare il ginnasio. Vi sono anche docenti che hanno ottenuto il trasferimento da altra sede o alle prime armi in cerca della prima cattedra. Fra essi v’è il prof. Carlo De Martino, che proviene da un istituto tecnico di Roma, già poeta e saggista, scrittore e giornalista, conferenziere ed appassionato di musica jazz ed infine anche pittore di riconosciuto valore. L’atmosfera, ad inizio anno, è quella di sempre. Cominciano lentamente le lezioni, c’è il solito via-vai di alunni e professori, in un valzer di trasferimenti ed assestamenti; insomma, dopo le vacanze estive si ha voglia di affrontare le prime fatiche dello studio con rinnovata lena e predisposizione a ben fare. Nel corso B delle 3 classi liceali si avverte una ventata di novità. Il prof. De Martino, docente di lettere appare ai ragazzi liceali diverso dagli altri suoi colleghi. L’Istituto aveva a quel tempo un ottimo gruppo di validi docenti nelle varie discipline, ma il nuovo arrivato, più giovane degli altri, sembrava più un fratello maggiore che un cattedratico. Con i suoi alunni egli entrò da sùbito in perfetta sintonìa. A quel tempo l’anno scolastico aveva inizio dal 1° ottobre e terminava al 31 maggio. Poco prima delle vacanze natalizie, il professore romano, d’accordo coi ragazzi, propone un tema a dir poco singolare e sibillino, dal titolo : “ Una vecchia scivola…- Narrate in stile comunista i capitalisti, i monopòli, gli sfruttatori del popolo, l’imperialismo, il colonialismo, e la mancata attuazione delle regioni. In stile fascista e monarchico, la Patria, la gloria, il sangue versato e il tradimento. In stile democristiano, l’insidia totalitaria, il miracolo italiano, il progresso, la difesa della libertà e la lotta al comunismo “. Ma interpellati dai giornalisti, i ragazzi hanno affermato che il tema non era formulato così, cioè nei termini come sopra appena riportati ed indicati invece nell’interrogazione al Ministro della P. I. presentata dal deputato democristiano Cesare Augusto Fanelli, allora sottosegretario al Tesoro “ per sapere se rientra nei programmi d’ insegnamento dare agli alunni “ la descritta traccia di tema. Anzi gli studenti del corso B a difesa del loro professore ribadivano che il tema era indicato soltanto dalle parole “ Una vecchia scivola… “, mentre con suggerimento verbale egli avrebbe detto che si poteva pensare a come lo avrebbero svolto, ad esempio, un comunista, un fascista, un democristiano. Si ribadisce, d’altra parte, che il tema era facoltativo, da fare a casa, e quindi senza particolare impegno di voto o altra valutazione. Un esercizio sia di stile che di uso della terminologia politica e non solo, per saggiare le capacità degli studenti liceali, messi alla prova. Tutto ciò quindi avvalora l’ipotesi che all’onorevole D.C. siano giunti distorti molti particolari della questione. Infatti molti commenti raccolti in ambienti estranei alla scuola avvalorerebbero tale tesi. Si è fatto notare, inoltre, che il professor De Martino non aveva alcuna intenzione di fare della politica in classe e che l’on. Fanelli non avrebbe voluto col suo gesto deliberatamente colpire proprio quell’insegnante. Tutto questo non toglie allo svolgimento dei fatti lo scalpore suscitato, quanto meno eccessivo, anche perché, come si è spesso ripetuto, il tema poteva essere svolto o no, essendosi in tal senso lasciata ampia libertà agli allievi. Alcuni studenti hanno dichiarato che per quanto concerne “ il tema proposto è stato svolto con un certo interesse e non si riesce a capire come si sia potuto prendere un così grosso abbaglio e chi lo abbia provocato “. Taluni studenti addirittura rilasciarono una nota alla stampa, in cui, fra l’altro, intendevano sottolineare che “ il professore non richiedeva ai ragazzi di esprimere le loro individuali opinioni politiche, né tanto meno teneva a far conoscere le proprie, assolutamente sconosciute agli alunni. L’esercizio incriminato tendeva ad esercitare gli alunni ad una visuale panoramica che, secondo la moderna pedagogia, dovrebbe anche esulare dal limitato orizzonte scolastico ed inserirli in quella che è la vita attiva dalla quale, purtroppo, spesso ne sono fuori. Lo ha dimostrato il fatto che molti di noi sono stati incapaci di restituire al tema l’esatta interpretazione. Noi tutti abbiamo capito una sola cosa, la più importante e che serva a far luce definitivamente alle varie illazioni: che il tema, con i relativi chiarimenti dell’insegnante, non voleva assolutamente toccare il campo politico “. Mentre il prof. De Martino, dal canto suo, ha precisato ed ulteriormente chiarito le ragioni che lo hanno indotto ad assegnare il discusso compito d’italiano: “ (…) Io credo che la scuola debba servire ad istradare i giovani alla vita attiva. Noi insegniamo tutte quelle cose meravigliose, quali la critica e la terminologia letteraria sui maggiori capolavori della letteratura italiana: tutto ciò è nostro dovere di insegnanti. Oltre tutte queste bellissime cose, però, esiste la vita e questa signora vita non è prevista nella scuola, non è nemmeno nominata nei programmi scolastici. Quando faccio lezione di letteratura e con severità, io ritengo sempre di passare alla vita e, con ciò, di fare il mio dovere. In questo ambito s’inquadra “ l’esercizio “. Esso è stato preceduto da temi di altro genere, sullo sport, cinema, musica, ballo, spettacoli, il tutto in una visione panoramica per avviare gli alunni a comprendere meglio la terminologia in ogni settore di riflessione, non escluso quello politico, sempre restando nell’ambito letterario e critico. A questo riguardo preciso di non aver fatto politica, ma della lingua. Infatti, a sèguito della dettatura del testo del tema, non ho emesso giudizi politici ma linguistici ed ho potuto constatare che, in definitiva, i 60/70 elaborati sono risultati belli, divertenti e acuti. Segno questo che i ragazzi si sono applicati, hanno discusso, si sono approfonditi anche con la lettura dei giornali. (…) Circa, poi, il clamore suscitato dall’interrogazione dell’on. Fanelli, mi vado domandando quale sia la ragione specifica, non essendomi mai interessato in alcuna maniera di politica ed essendo rimasto sempre, al difuori della scuola, nel campo dell’arte e della poesia. (…) Ma credete che tutto sia finito qui? Perché in effetti a seguire ci fu un’inchiesta del Ministero della P.I., in persona dell’ispettore Bruno Mosca, che ha avuto colloqui col Provveditore, col preside e col docente incriminato e costretto a presentare anche una dettagliata memoria/relazione difensiva. Egli ha incontrato anche molti alunni che hanno ribadito quanto già sopra riportato. Tutto questo trambusto ispettivo/giornalistico ha indignato e non poco anche i professori, tanto da far dire ad uno di essi, Luigi Arcese, docente di latino e greco, e vice preside dell’ istituto: “ La scuola è una cosa seria; anche se qualcuno la pensa diversamente. Lasciateci lavorare in pace; non siamo oggetti da museo. Dateci la nostra libertà “. Tutto ciò ha richiamato nel capoluogo ed attorno ai maggiori protagonisti della singolare vicenda, un numero considerevole di giornalisti, fotografi, studiosi, pedagogisti. I componimenti svolti dagli alunni, anche su indicazione e consiglio del prof. Carlo De Martino, sono stati inviati a Roma, per essere controllati attentamente, al fine di stabilire l’esatta valutazione del contenuto degli stessi. Quei compiti che dovevano essere archiviati dagli estensori, senza troppa pubblicità, hanno avuto l’onore di giacere sul tavolo ispettivo e poi di andare ad impinguare l’archivio del Ministero, sovrastati e trascurati ormai da cumuli di reale polvere e di quella dovuta metaforicamente alla dimenticanza imposta dall’impietoso scorrere dei decenni. Come si è detto la notizia uscita fuori dell’ambiente scolastico, ha creato due fazioni: da una parte coloro che hanno condannato l’operato del docente, facendosi forti anche delle dichiarazioni rilasciate ad un giornale milanese degli studiosi Giovanni Gozzer, Salvatore Valitutti, Lucio Lombardo Radice, Antonio Santoni Rugiu, in contrasto quest’ultimo con le affermazioni di Luigi Volpicelli, ordinario di pedagogia all’Università di Roma; dall’altra la gran massa degli studenti con le relative famiglie, nonché numerosi cittadini che hanno giudicato proficua ed interessante l’iniziativa presa dal professore nell’assegnare un tema che uscisse fuori dai normali schemi d’insegnamento per far cimentare i giovani in un esercizio nuovo. La relativa inchiesta a suo tempo promossa a carico del professor Carlo De Martino si sarebbe di lì a poco risolta in una bolla di sapone, non avendo gli inquirenti trovato nella loro minuziosa indagine nulla da rimproverare al giovane e benvoluto insegnante. L’esito favorevole dell’inchiesta ha confermato che l’assoluzione del docente romano dimostrava la perfetta buona fede dello stesso e che alla fine era stata fatta piena luce sul suo caso, riconoscendo implicitamente la giustezza della sua moderna concezione pedagogica e che la sua pratica poteva considerarsi definitivamente archiviata.
E per finire:
Nota Bene/ Questo poscritto per dire che se si è stati prolissi, se si è pensato di descrivere ampiamente scenari magari poco appariscenti, poco consoni al tutto, fa parte di quell’allargato teatro della vita, della esperienza seppur minuta, ma che tutta assieme collabora a quel fenomeno che va sotto il nome di Storia. E poi, lasciatemelo dire, se prima di arrivare al postutto, al dunque, ci ho impiegato tanto di quel tempo, tante di quelle parole è perché esse seguono come un filo, una sequela, proprio come le ciliegie, che… l’una tirano l’altra.
Et de hoc satis!…
di Massimo Sergio