Il fiume Cosa (anticamente Acquosa) nasce dal monte La Monna, in territorio di Guarcino, da due sorgenti poste a m. 1185 (Capo Cosa) e a m. 934 (Caporelle).
Il fiume, dopo aver attraversato il territorio dei comuni di Vico nel Lazio, di Alatri e di Veroli, costeggia le alture di Frosinone per tutta la parte bassa della Città in direzione Nord-Sud. Il Cosa, dopo aver percorso complessivamente 35 km, finisce per confluire nel fiume Sacco in prossimità di Ceccano.
Il fiume ha sempre avuto una notevole importanza nella storia del luogo sin dai tempi dei primi insediamenti umani sulle sue sponde in epoca protostorica e volsca testimoniati dal ritrovamento, a partire dagli anni '60 del secolo scorso, di alcuni nuclei di necropoli lungo tutto il tratto del fiume, in particolare nei pressi del piazzale De Matthaeis e delle Fontanelle e di resti di abitati del VII - VI sec. a.C. Anche dopo la costruzione della Frusino arroccata sulla parte alta della collina, il Cosa ha continuato ad essere determinante per la vita delle popolazioni locali in quanto con le sue polle sorgentizie ha costituito per lunghi secoli l'unica possibilità di approvvigiona¬mento dell'acqua per uso domestico, per le colture e per l'allevamento.
Sulle sponde del fiume erano già presenti nel Medio evo alcuni mulini per la macinazioni dei cereali.
Sono documentati, a partire dal XVI secolo, la Moietta, nel primo tratto del fiume nel territorio frusinate, la Mola Nuova, nei pressi di De Matthaeis, e la Mola Vecchia, nei pressi del Campo sportivo, l'unica ancora oggi in attività. Altri impianti per la lavorazione dei cereali, operanti sul fiume sin dalla seconda metà dell'800, erano i due mulini "Papetti", entrambi a poca distanza dalla Stazione ferroviaria, e alcune altre mole di più piccole dimensioni nel tratto finale del fiume prima della confluenza nel Sacco. Sulla sponda destra del Cosa erano collocati, sin dal settecento, diversi fontanili con lavatoi alimentati da piccole sorgenti affioranti. Seguendo il percorso del fiume troviamo, ancor oggi, la cosiddetta Fontana Bussi-De Praetis (detta anche Fontana Vecchia), dal nome del governatore pontificio che la fece costruire nel 1774, posta sotto il Ponte della Fontana (o Ponte Vecchio), nei pressi del Piazzale De Matthaeis. Questa fontana era dotata di sei bocchettoni di ferro a forma cilindrica e di un grande lavatoio.
Troviamo poi, in località Fontanelle, l'omonima grande fontana a "ferro di cavallo" con nove cannelle, due abbeveratoi e due ampi lavatoi. Le acque di questa fontana, sin dal 1860, erano trasportate con una condotta in ghisa fino al luogo di costruzione della Stazione ferroviaria, poi utilizzate per il rifornimento delle locomotive a vapore della linea Frosinone-Cassino.
Un'altra Fontana con lavatoio, anch'essa nelle vicinanze dello Scalo ferroviario, è la cosiddetta Fontana Donica (nota anche come Fontana Unica) con quattro bocchettoni e un lavatoio.
L'acqua di tutte queste fontane, utilizzata dalla popolazione fino alla metà del '900, è risultata raramente potabile ai ripetuti esami batteriologici in quanto proveniente da falde molto superficiali e anche a causa delle modalità di captazione.
Eppure, proprio con quelle acque, per tanti secoli, i frusinati si erano dissetati, avevano preparato i loro pasti e curato l'igiene personale.
Ed era toccato proprio alle donne "approvvigionare" in buona parte la città quando, al ritorno dal fiume o dalle fontane dove avevano lavato i loro panni, riportavano in città, con il caratteristico concone, scorte d'acqua per l'uso quotidiano delle loro famiglie.
Il grosso della provvista avveniva, invece, con il trasporto di botti su carri trainati da asini e muli per assicurare il rifornimento delle cisterne dei palazzi pubblici e privati.
Il malcontento popolare per questi disagi, le drammatiche condizioni igieniche, le ricorrenti epidemie, l'alto tasso di mortalità infantile e, non ultime, le denunce di questo stato di cose da parte di scrittori e giornalisti di passaggio a Frosinone e in Ciociaria, indussero Pio IX, sul finire del suo lungo regno temporale, a cercare di "accattivarsi l'affetto delle masse popolari e procacciare loro qualche beneficio".
A questo fine il pontefice, anche su consiglio del cardinale Francesco De Merode, ritenne opportuno elargire "rilevantissime somme per condurre l'acqua potabile nelle città di Alatri, Anagni e Frosinone che ne erano prive".
Pio IX annunciò il suo intervento finanziario nel corso del suo viaggio in Ciociaria (13-20 maggio 1863) quando parlò ai cittadini di Frosinone accorsi in massa sotto il palazzo della Delegazione, nel pomeriggio del 14 maggio di quell'anno. Il Comune di Frosinone, alla fine del 1869, grazie all'intervento finanziario del Governo pontificio, installò la cosiddetta "Fontana a macchina" a poca distanza dal bivio di De Matthaeis, nei pressi della Mola Nuova.
Il progetto era stato affidato e portato a termine dall'ingegnere Raffaele Boretti di Acquasparta (Terni); in esso era previsto che la "Fontana a macchina" fosse rifornita mediante la captazione delle acque freatiche presenti in contrada Mola Nuova che, tramite diverse gallerie filtranti in mattoni di pietra viva e conglomerato cementizio, venissero convogliate, mediante canali sotterranei, in una grande camera di raccolta interrata al di sotto di una palazzina a due piani appositamente costruita al termine di via Mola Nuova.
Al piano terra della palazzina, ancor oggi esistente, venne piazzato il grande macchinario costruito presso lo "Stabilimento di costruzioni meccaniche con fonderia in ferro e bronzo" dei Fili Mazzocchi di Roma mentre i locali al piano superiore erano destinati a magazzino per le materie prime. Sulla facciata della palazzina venne posta una lapide in marmo, ancora oggi visibile, a ricordo dell'avvenimento e di quanti contribuirono alla realizzazione dell'opera.
L'acqua captata, a mezzo di una pompa a vapore e sifone a pressione che sfruttava l'energia di caduta del Cosa, veniva immessa in una tubatura in ghisa del diametro di 10 cm., che, attraversato il fiume grazie ad un ponte-acquedotto, prima in legno e poi in muratura, .saliva in galleria lungo la cosiddetta "accordatura della fontana" e, con un tratto complessivo di 1200 metri e con un dislivello di 120 metri, raggiungeva il serbatoio sotterraneo posto nel cortile interno del Palazzo della Delegazione pontificia, oggi Prefettura. Solo grazie a quell'impianto si riuscì, finalmente, a portare l'acqua potabile ai circa 5.000 abitanti del centro urbano e a realizzare la prima rete di condutture nelle principali strade cittadine, lungo le quali saranno piazzati fontane, lavatoi, chiusini e "bocche d'incendio".
Ma il continuo cattivo funzionamento della Fontana a macchina e l'insufficienza della portata idrica dell'acquedotto hanno costretto, ancora per decenni, le donne di Frosinone, come testimoniano le foto d'epoca di questo calendario tutte risalenti ai primissimi anni del '900, a continuare a recarsi al fiume per il rifornimento di acqua potabile e per lavare i loro panni. E così è stato fino agli anni '50 del secolo scorso.
Maurizio Federico