Descrizione del codice
Lo statuto di Frosinone è conosciuto per una copia depositata presso la Collezione dell’Archivio di Stato di Roma, cod. 247, che pare imitativa di una precedente redazione (lo stesso giudizio è stato dato da padre Ignazio Barbagallo). Il manoscritto cartaceo si compone di 286 pagine così suddivise: dopo il frontespizio c’è il sommario dei capitoli (pagine non numerate 22), poi si trova il corpo dello statuto che si sviluppa per 238 pagine; infine esiste un’appendice di 54 pagine con riforme “importanti”, e che non sono meno interessanti dello statuto. Ovviamente il testo dello statuto è in latino, e la cosa è normale in quanto uno statuto in volgare era piuttosto l’eccezione.
Il codice si divide in cinque libri, o tractati, secondo la terminologia adoperata dagli statutari frusinati. I libri non hanno titolo proprio ma ognuno ha un oggetto ben preciso, secondo uno sviluppo dei codici normativi che viene da lontano e si è affermato già dal Trecento. Il primo trattato è relativo al governo locale; comprende 46 capitoli e si stende da pag. 1 a 56. Il secondo, capp. 1-95, pp. 57-126, concerne norme di diritto civile e penale. Il terzo, capp. 1-68, pp. 127-164, riguarda il danno dato. Il quarto trattato, capp. 1-26, pp. 165-184, contiene norme procedurali. Il quinto, capp. 1-76, pp. 188-238, è il libro che solitamente viene chiamato “degli straordinari”, contiene le aggiunte (o “riforme” nel linguaggio del tempo) a diverse materie: commercio, viabilità, pulizia, sanità, ordine pubblico etc. In tutto i capitoli dello statuto frusinate sono 311.
Le parti finali, pagine non numerate ma che sono in tutto 54, contengono decisioni adottate dal Consiglio generale di Frosinone a partire dal 4 gennaio 1523 e fino al 29 giugno 1653 (e dalla Congregazione dell’Immunità del 27 luglio 1706). Sono i verbali parziali di quattro sedute del consiglio, riportate anche in volgare, e, sostanzialmente, trattano tre questioni: il danno dato con animali (soprattutto maiali), la riscossione delle collette e l’istituzione del consiglio ordinario.
Il governo cittadino
Gli statuti sono per loro natura ricchi di informazioni che riguardano tantissimi aspetti di una città: descrizione del territorio (è possibile ricostruire il paesaggio agrario), onomastica e toponomastica, urbanistica, economia, descrizione della società, usi e costumi, tradizioni popolari, feste e comportamenti religiosi, reati e pene, linguaggio, giudei, etc. Sono però strumenti stereotipati se non si confrontano con la documentazione coeva, se le norme non si pongono nel contesto in cui lo statuto è compilato ed è mezzo di governo e di giurisprudenza.
Pertanto molti sono gli argomenti che potrebbero trattarsi in merito allo statuto di Frosinone. Qui si sceglie di dare una descrizione sommaria dell’assetto istituzionale, esaminandosi brevemente la composizione degli organi di governo della città.
Lo statuto di Frosinone presenta un duplice ordinamento di vertice: eminente e locale. Il primo dipende dal potere centrale, il secondo è quello cittadino. Per questo motivo nel primo tractatus si trova all’inizio l’elezione del vicario, e poi quella degli organi di governo comunali. La prima cosa che si nota è la mancanza di articoli che riguardano il consiglio generale (gli altri due, ordinario e segreto, vengono menzionati nelle deliberazioni del 1627 poste nell’appendice). Tale “stranezza” rimanda alle consuetudini locali, per cui è nella logica delle cose che ci sia un consiglio di tutta la popolazione, riunito con “un omo a foco” (un rappresentante maschile per ciascuna famiglia). A questi consigli si associano altri, anch’essi dati per scontati. Secondo la mentalità del tempo è necessario disciplinare il vertice governativo e la serie degli incaricati minori.
Il vicario è il rappresentante del papa in quanto Frosinone viene governata secondo la formula immediate subiecta: la città dipende direttamente dal papa. Però Frosinone ha la possibilità di indicare il proprio vicario; infatti lo statuto prevede che i consiglieri “eleggano” (designino) tre “buoni uomini”, originari di Campagna e Marittima o delle terre soggette direttamente alla Chiesa (quindi si escludono quelle mediate subiectae, le terre baronali, dipendenti dal papa per interposta persona). La terna è presentata al Rettore di Campagna e Marittima che ne sceglie uno nominandolo per sei mesi alla carica di vicario frusinate. Il vicario porta con sé delle persone, ma il notaio viene “eletto” dai consiliarii associati ai rappresentanti delle contrade (uno per contrada, prescelti col sistema del bussolo).
La struttura del governo locale è data dagli officiali maggiori: consiliarii, comestabili, sindaci e camerario, e dagli officiali minori: custodi, pacieri, grascieri, superstiti e altri. La nomina viene fatta col sistema dei mediani: dal consiglio vengono designati due uomini per contrada; questi mediani col vicario si rinchiudono in una camera del palazzo, senza avere rapporti con l’esterno. Qui congregati, indicano due nomi per ciascuna carica: due consiliarii, due comestabili per ciascuna contrada, un sindaco e un camerario. Questo gruppo è scelto di semestre in semestre. Oltre alle cariche maggiori ci sono poi quattro custodi per la contrada Civita, quattro per Valle, quattro per S. Biagio e solo due per Borgo (essi sorvegliano la città e la campagna). Si “eleggono” poi quattro pacieri, uno per contrada; quattro grascieri, uno per contrada; quattro apprezzatori seu superstiti (che non siano macellai, hospites seu tabernarii, né consoci di dette attività); quattro terminatori, quattro viari, quattro apprezzatori dei campi. Anche questi incarichi minori hanno durata semestrale. Vicari, notai e officiali in capite devono giurare. Ogni figura è meglio definita nei compiti da un apposito capitolo dello statuto, mentre dal capitolo 20 cominciano a prescriversi delimitazioni, particolari interpretazioni, specifici incarichi ed incombenze (ad esempio nel cap. 23 si impone ai vicari e ai comestabili di occuparsi della manutenzione di mura e fortificazioni), oppure si indicano i privilegi.
Leggendo le altre norme del primo trattato si scoprono però altre figure non indicate né disciplinate nello statuto come i portinari (sembrano incarichi temporanei, connessi con l’adunanza dei consiglieri). Vengono poi menzionati otto custodi definiti privati: in realtà hanno un incarico pubblico dovendo salvaguardare i frutti dei campi, tanto che prestano giuramento pubblico. Altra figura pubblica è quella dei sindacatori. Qua e là emergono i poteri del consiglio, a cui si dà il compito di imporre collette (tasse e imposte).
Alcune considerazioni
L’insieme degli organi rappresenta la risposta alle esigenze locali di governo cittadino ed è ben definita da un’esperienza plurisecolare; il fatto è confermato dagli altri statuti comunali. Ci si chiede però se il dispositivo summenzionato sia stato poi realmente applicato; e come viene realizzato nei tempi. Non c’è dubbio che le cariche di vertice e molte delle minori siano state abbastanza puntualmente designate, ma, figure ed incarichi variano secondo i tempi e le necessità? Un esempio chiarisce la portata di questi semplici interrogativi. I pacieri, antica istituzione di derivazione germanica, vengono eletti sempre? E quando incominciano a declinare a favore del tribunale, come si riscontra nella storia? Infatti, è noto che la centralizzazione statuale elimina i pacieri (un’esigenza proveniente da una vita comunitaria) e li ricaccia nelle pratiche sociali, attribuendo ai tribunali la composizione giuridicamente stabilita, estendendo così “l’ingerenza pubblica” anche alle sfere già riservate ai rapporti interpersonali. Quando e come tale processo si sia attuato a Frosinone è compito della ricerca storica che trovi documenti utili anche a conoscere come effettivamente si applichino le norme statutarie.