Sul filo sottile di un incanto, intessuto di brevi, impercettibili istanti capaci di sospendere il tempo, Rita Mele ha costruito questa sua mostra, che raccoglie opere recenti, a tracciare i confini fluttuanti di un territorio di ricerca, in cui la pittura rappresenta il nucleo germinante di un immaginario fecondo e metamorfico, sempre pronto a riportare a sé gli stimoli di una quotidianità vissuta con l’avida leggerezza di chi sa della fragilità delle cose.
A guidarla è la necessità di contaminare i segni della propria esistenza con quelli dell’arte, come se solo attraverso il gesto rituale della pittura fosse possibile prendere possesso della realtà, insinuarsi tra le sue pieghe per analizzarla in profondità e restituirla poi trasformata, trasfigurata, ricreata abbracciando le suggestioni di stimoli sempre differenti, che si intrecciano, sovrappongono, stratificano con modi e tempi ogni volta imprevedibili.
Un tale presupposto conduce inevitabilmente all’affermazione di una problematicità del linguaggio pittorico, inteso come molteplicità di proposizioni operative che generano continui sconfinamenti, a suggerire la coesistenza di interessi difformi, tanto da sembrare contraddittori se a legare gli uni agli altri non ci fosse una curiosità indefessa, che spinge sempre in avanti gli orizzonti della sperimentazione, inseguendo la possibilità di risolvere la parzialità degli accadimenti della vita nell’assolutezza dell’arte.
La pittura si presenta come misura di se stessa e del mondo, pur nell’erranza progettuale che unisce con naturalezza cultura alta e popolare, in un coacervo di trepidazioni, di turbamenti, di inquietudini e di slanci incalzati, braccati, raggiunti e consumati nell’impeto di un processo creativo, che appare caleidoscopico, eppure sempre pronto a offrire inattesi ancoraggi alla tangibilità del reale. È un universo dove le immagini e una materia gravida di tracce e sedimenti non sono in collisione, ma come pianeti e satelliti seguono le loro orbite, imbastendo suggestioni narrative non lineari, anzi libere di associarsi le une alle altre con modalità sempre rinnovate, per suggerire altre traiettorie lungo cui inoltrarsi. Non è un caso quindi che quando si tenta di allontanarsi, sopraffatti dalle emozioni immaginifiche dei suoi dipinti, si rimanga rapiti dalla forza della pittura che vibra nella delicatezza dei mezzi toni e ribolle dei palpiti degli accenti timbrici.
Infatti, con la sagacia di chi conosce il mestiere e l’azzardo di chi non ha paura di rimettere tutto in gioco, Mele lascia che la pittura segua il suo corso e, svelando l’incantesimo della sua seduzione, dal tessuto cromatico, talvolta affollato di segni, talvolta talmente rarefatto da lasciare intravedere la trama della tela, fa emergere figure elementari, a suggerire l’urgenza di un racconto fatto di frammenti ammalianti e di parole che risuonano con echi lontani. L’intento è restituire la flagranza del proprio sentire, in cui indissolubilmente si intrecciano memorie di esperienze vissute o anche solo immaginate, a registrare la geografia di un luogo interiore, dove l’esistenza e gli accadimenti quotidiani si trasfigurano, fino a suggerire profondità incommensurabili, sviluppate senza soluzione di continuità ben al di là dei limiti fisici della tela.
Lo sguardo allora inevitabilmente deve farsi inquieto, avanzando veloce sulla superficie o inabissandosi lento lungo direttrici ignote, a seguire il battito di un tempo regolato solo dall’intensità di emozioni sempre diverse, che si affollano per poi diradarsi e quasi sparire, in un crescendo parossistico che può bruscamente cessare, per tornare poi a riprendere vigore.
Loredana Rea
Rita Mele è un riferimento sicuro per quanti si accostano all’arte pittorica a Frosinone e nel Lazio: le sue opere materiche mescolate alla scrittura sono la firma di un personaggio che è diventato elemento fondamentale del panorama artistico contemporaneo, con mostre in tutto il mondo, da Vienna a New Delhi, da Tokyo a Seul, a Calcutta, al Cairo, a Tel Aviv, e ovviamente in tutta Italia.
Siamo quindi onorati di ospitarLa alla Villa Comunale di Frosinone, nell’ambito della terza edizione della Rassegna di Arte Visiva Contemporanea, certi di fare cosa gradita agli abitanti della Ciociaria. Rita Mele,con le sue opere, tiene alto il prestigio della produzione artistica di Frosinone e ci racconta splendide storie cariche di poesia che allietano il quotidiano anche in momenti di crisi come quelli che stiamo vivendo.
L’ Assessore alla Cultura del Comune di Frosinone
Avv. Gianpiero Fabrizi
Ho conosciuto Rita Mele, quando sono stato a casa di Adolfo Loreti, uno dei più grandi artisti contemporanei, per preparare la sua mostra alla Villa Comunale nel dicembre del 2012. E sono voluto andare a visionare nel suo studio i dipinti di Rita Mele, quasi del tutto assenti dalla residenza di Loreti. Da stupido maschilista mi aspettavo di trovare le solite opere presentate dalle mogli di importanti pittori, mogli che profittano della fama del consorte, da qualche tecnica rubata e dal respirare comunque quell’aria satura di bellezza e cultura per proporsi con sculture, dipinti e manufatti che imbarazzano per un giudizio che spesso dovrebbe essere distruttivo.
Rita Mele vive di luce propria, con una personalissima visione dell’arte, per uno stile addirittura contrapposto a quello di Loreti, per una poetica delicata e surreale, per superfici contrastate dalla materia, da uno studio del colore che pian piano si è ridotto all’essenziale, ai grigi, ai bianchi (che continuo provocatoriamente a dirLe che sono di moda), ad un’ assenza che basa la riuscita della proposta sullo studio della luce che invita a guardare attraverso l’opera per il messaggio più profondo del racconto. Mi auguro, comunque, che Rita Mele torni presto ai rossi, ai blu, ai verdi che sono nella sua anima, e che spero presto torneranno ad esplodere nella sua pittura.
Il curatore della mostra
Alfio Borghese